Inclusione sociale, dignità delle persone, presa in carico con un patto tra servizi e famiglie, priorità ai nuclei con minori e fragilità:sono questi gli ingredienti contenuti nel “reddito di inclusione”, la prima misura nazionale di contrasto alla povertà assoluta, che prevede un beneficio economico collegato a un progetto personalizzato di uscita dalla povertà. Una vera novità per il nostro paese, perché si comincia finalmente a dare una risposta universale, di sistema, non più parcellizzata e frammentata, alle tante situazioni concrete di povertà nel nostro Paese.
Cinzia Fontana, deputata del Partito Democratico, ha così commentato la misura: “Abbiamo voluto affrontare con questi interventi una delle eredità più pesanti del lungo periodo di crisi alle nostre spalle, una crisi economica, occupazionale e sociale che ha segnato in maniera profonda le condizioni delle famiglie. Se guardiamo infatti i dati Istat confrontando il 2005 con il 2013 (l’anno con l’incidenza più alta della povertà nel nostro Paese), non solo in quell’arco di tempo il numero delle famiglie e degli individui in povertà assoluta è più che raddoppiato, ma si è verificata anche una diversa composizione della platea rispetto al passato, essendo l’area della povertà cresciuta particolarmente in segmenti della popolazione prima ritenuti poco vulnerabili. Nel 2005 si stimavano in Italia 932 mila famiglie in condizione di povertà assoluta (pari al 4% delle famiglie residenti) per un totale di 2 milioni e 381 mila individui (pari al 4,1% dell’intera popolazione). Nel 2013 le famiglie risultavano 2 milioni e 28mila (pari al 7,9% delle famiglie residenti) che coinvolgevano 6 milioni e 20mila individui (pari al 9,9% della popolazione). Gli ultimi dati, risalenti al 2016, hanno fatto registrare un miglioramento grazie ad alcune misure sperimentali messe in campo da questa legislatura. Tuttavia, la situazione rimane ancora difficile e, da qui, la scelta di intervenire con una misura strutturale e legata a progetti personalizzati di presa in carico delle famiglie più fragili. A peggiorare in modo significativo negli anni sono state soprattutto le famiglie di 4 componenti, in particolare delle coppie con due figli. E il dato più allarmante è quello che riguarda i minori: 1 milione e 131mila minori (pari al 10,9%) si trovano in povertà assoluta (erano il 3,9% nel 2005!). Negli ultimi dieci anni l’incidenza del fenomeno è invece rimasta stabile tra gli anziani (era il 4,5% nel 2005 ed è il 4,1% oggi)”.
E’ evidente quindi come, nel sistema nazionale di protezione sociale, erano rimasti fuori finora almeno due grandi tipologie di cittadini: i disoccupati involontari dilungo periodo e le famiglie con figli a carico e con genitori in condizioni di incapienza. Ecco perché sono proprio queste le situazioni cui il reddito di inclusione messo in campo in questa legislatura da Governo, Parlamento e mondo associativo riunito nella “Alleanza contro la Povertà”, entra così in vigore una misura che consente finalmente di riallinearci al resto dei Paesi dell’Unione europea. Il reddito di inclusione può contare su uno stanziamento significativo di risorse: circa 1 miliardo 800 milioni l’anno.
“Queste risorse – prosegue la deputata PD Fontana – dovrebbero essere sufficienti a dare sostegno a circa 500 mila famiglie, corrispondenti a 1 milione e 800 mila persone (un terzo cioè di coloro che l’Istat stima in stato di povertà assoluta). E’ sufficiente? No, certo. Non basta a sradicare il fenomeno, non copre per ora tutti i potenziali destinatari, però si comincia a fare sul serio. E si continuerà a lavorare, a partire dalla prossima legge di bilancio, per implementare le risorse e, di conseguenza, la platea. Ma perché ciò sia possibile, è fondamentale che nel territorio si attivino tutti quei servizi di presa in carico dei soggetti e delle famiglie per aiutarli nel percorso di fuoriuscita dalla povertà, non solo intesa come reddito ma soprattutto come una questione di superamento di un certo tipo di vissuto, che molte volte si concretizza in un degrado esistenziale. Capovolgere la passiva visione assistenzialista troppo spesso radicata nel nostro Paese deve diventare il vero obiettivo, al fine di mettere al centro la dignità della persona e della sua famiglia e la sua stessa assunzione di responsabilità. Insomma, un cambio di paradigma sostanziale”.
Con la pubblicazione nei giorni scorsi del decreto attuativo sono state definite le modalità applicative della norma, che entrerà pienamente in vigore dal 1°gennaio 2018.