“Domenica c’è da fare un derby, non tra Inter e Milan, ma tra chi pensa che il futuro dell’Italia sia evocare terrore e giocare sulla sconfitta e chi pensa, abbiamo mille limiti compreso il presidente del Consiglio, ma ci mettiamo in gioco e proviamo a cambiare le cose”. Così il premier e segretario del Pd, Matteo Renzi, nel corso di un incontro elettorale al Piccolo Teatro di Milano.
“Se il 26 maggio il Pd è forte in Europa, le cose cambiano anche in Italia. Se invece le cose vanno male, l’Italia non conta nulla in Europa. Se siamo rappresentati da Borghezio in Europa, allora vuol dire che in tema di immigrazione, ad esempio, non contiamo nulla”.
“Dobbiamo continuare ad andare in piazza, perchè la piazza è anche la casa del Pd. Noi non ci rassegniamo a chi vuole distruggere i simboli dell’unità nazionale”, ha continuato il leader democratico. “Se vogliamo vincere dobbiamo andare a prendere i voti del centrodestra”, ha aggiunto, chiedendo alla platea chi avesse votato Grillo o Berlusconi: “Loro sono la maggioranza, quindi noi partiamo indietro. Dobbiamo spiegare che così non si può andare avanti, levandoci la puzza sotto il naso, ora questa campagna sarà solo un ping pong di insulti”.
Lavoro
“Quando eravamo all’opposizione e al governo c’era Berlusconi, ci scandalizzavamo se la disoccupazione giovanile era al 19%, ma oggi siamo al 40%. Vuol dire che il tema del lavoro si è finora affrontato solo a parole”. “In altri paesi sono state fatte riforme e cambiati i criteri e così – ha aggiunto – si è rimessa in moto l’economia. Oggi in Italia possiamo ripartire solo se cambiamo noi stessi. Non sono mai stato tenero con i sindacati e penso che continuerò ad esserlo perché credo che il Pd non sia la cinghia di trasmissione dei sindacati. Quando c’è’ da salvare posti di lavoro il governo fa gli accordi con chiunque”.
“Per me tassare meno il lavoro e aiutare chi crea lavoro, e tassare di più le rendite finanziarie, è una cosa che definisco di sinistra”.
“Possiamo ripartire solo a condizione di cambiare noi stessi. Ecco perché siamo ripartiti dal decreto lavoro, con cui abbiamo salvato 1.200 posti all’Electrolux. E non è merito nostro, ma dei sindacati”. “L’Italia – ha aggiunto – sta ripartendo, e lo fa se ha il coraggio non di lamentarsi ma si tira su le maniche”.
Riforma della P.A.
Con la riforma della P.A. non sarà più “obbligatorio per le aziende pagare l’adesione alla Camera di commercio”: “una rivoluzione, con un miliardo di tassazione indiretta in meno. Si può pensare a istituire un registro unico delle imprese telematico”. “Capisco – ha proseguito – che il sistema camerale, che in alcuni casi funziona molto bene in altri molto male, immediatamente si sia messo a tentare di avere una discussione” sulla proposta del governo: “Ne discuteremo”.
“Abbiamo posto il tema non dell’abolizione delle Camere di commercio, ma l’abolizione del vincolo obbligatorio dell’adesione. Il fatto è che quando si parte con le riforme c’è sempre qualcuno che dice inizia con quella accanto”.
Expo 2015
“Sono per la presunzione d’innocenza, ma se le prove dovessero essere confermate e ci dovessero essere condanne, chi ha commesso questi reati deve essere escluso dal giro per sempre. Queste persone non si dovranno occupare più di denaro pubblico. Nessuno ha vene giustizialiste, è buonsenso. Il Daspo va dato a questi politici che tradiscono la fiducia degli elettori”.
“Expo non è solo una grande opportunità per il rilancio del Paese – ha aggiunto -, per il dopo, per il Made in Italy, ma per alcuni valori ideali. Vogliamo fare Expo per le persone per bene e parlare di temi come il cibo, la denutrizione, la fame nel mondo. Expo sia anche l’occasione per tornare ai nostri valori e a cio’ che siamo”.
L’Expo 2015 rappresenta di certo un’ottima opportunità economica per l’Italia, ma “anche una grande occasione per tornare ai nostri valori, recuperando gli ideali di ciò che siamo”. Una prospettiva nuova che punti sulla forza trainante del Terzo settore, grazie ai suoi “numeri molto significativi”, con “4,7 milioni di volontari e un’incidenza sul Pil di 67 miliardi di euro”. Una esperienza che deve permettere all’Italia di essere considerata non il Paese dei “codici fiscali” ma dei “valori”, della capacità di “intessere relazioni”. Un modello da “raccontare” anche in Europa, sempre “decisiva”.