Con l’entrata in vigore da oggi della legge delega per il contrasto alla povertà, l’Italia si dota di una misura nazionale – il Reddito di Inclusione – per aiutare le famiglie in condizione di povertà assoluta.
A partire dal 2017, infatti, 1 miliardo e 200 milioni di euro sono destinati dalla legge di bilancio a questa misura: la cifra più alta mai stanziata da un Governo per integrare i redditi delle famiglie più povere. Una misura che imprime un indiscutibile segno positivo alle politiche sociali del nostro Paese, attraverso un intervento strutturale, di sistema e universale.
Il provvedimento, mirato all’inclusione sociale e alla lotta all’emarginazione, è ancora più importante e necessario in un momento storico come il nostro, tuttora segnato da una crisi economica significativa che aumenta in modo progressivo il divario tra ricchi e poveri, un divario tanto più ingiusto in quanto si concentra in percentuali preoccupanti tra i minori, nelle fasce di età dell’infanzia e dell’adolescenza. La battaglia contro la povertà è perciò innanzitutto la battaglia per il futuro dei nostri giovani.
Il reddito di inclusione non è un semplice sussidio economico, non disincentiva l’impegno. Esso conta sullo sviluppo dei servizi sociali e per l’impiego e intende integrarsi con il grande e straordinario lavoro di protezione e sostegno svolto dalle famiglie, dal volontariato, dal terzo settore, dai Comuni.
A regime, la misura è destinata a sostenere tutte le famiglie in povertà assoluta. L’obiettivo sarà raggiunto in modo progressivo, a partire da 400 mila famiglie entro il 2017, con priorità per i nuclei familiari con figli minori o con disabilità grave o con donne in stato di gravidanza accertata o con persone di età superiore a 55 anni in stato di disoccupazione e senza ammortizzatori sociali.
Il reddito di inclusione sarà condizionato alla “prova dei mezzi” misurata con l’Isee e sarà composto da due elementi: un beneficio economico e una componente di servizi alla persona, assicurati dalla rete dei servizi e degli interventi sociali, attraverso un progetto personalizzato di attivazione e di inclusione sociale e lavorativa, finalizzato all’uscita dalla condizione di povertà.
Il Governo ora ha sei mesi di tempo per esercitare la delega attraverso i decreti attuativi e assicurare così al più presto gli interventi di protezione sociale.
Insomma, anche se certamente resta ancora molto da fare per un problema di portata così pesante quale quello che i dati sulla povertà assoluta nel nostro Paese ci consegnano, un passo in avanti decisamente importante è stato compiuto per restituire dignità a chi vive in condizione di estrema fragilità.
Se a questo si aggiungono gli altri provvedimenti in campo assistenziale e sanitario approvati durante questa legislatura – per la prima volta la legge sul “Dopo di noi” per tutelare i disabili gravi, per la prima volta la legge sulla “Sindrome dello spettro autistico” per garantire il miglioramento delle condizioni di vita e l’inserimento nella vita sociale delle persone con autismo, così come il ripristino e l’aumento dei fondi destinati alle politiche sociali, oppure la legge sulla sicurezza delle cure e della responsabilità professionale sanitaria, o anche l’approvazione dei nuovi Livelli essenziali di assistenza, finalmente aggiornati e ampliati dopo 15 anni – è evidente quanto gli interventi in campo sociale siano la vera priorità nell’agenda del Governo e del Partito Democratico.
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