Con il voto di ieri al Senato, è stato convertito in legge il decreto in materia di pensioni e di ammortizzatori sociali.
Dopo la sentenza della Corte costituzionale, che ha dichiarato illegittimo il blocco per due anni della rivalutazione delle pensioni senza successivo recupero approvato nella manovra ‘Salva Italia’ del 2011, il Governo è intervenuto nel mese di maggio per definire il meccanismo con il quale restituire parte della perdita d’acquisto, negli anni 2012 e 2013, delle pensioni sopra i 1.443 euro lordi (ricordo che le pensioni sotto quella soglia, quelle cioè più basse, avevano già avuto in quegli anni la rivalutazione del 100%).
Si tratta di un recupero parziale, certo, che non restituisce tutto a tutti. Perché il ripristino integrale del meccanismo di indicizzazione delle pensioni avrebbe comportato per il bilancio dello Stato un onere pari a circa 18 miliardi di euro nell’anno in corso e oltre 4 miliardi di euro a decorrere dal 2016.
Ma i nostri conti pubblici non se lo possono permettere, pena il taglio di ulteriori servizi o l’introduzione di nuove tasse oppure la rinuncia a destinare risorse su interventi urgenti a favore dei giovani o di chi oggi in pensione non riesce ad andarci.
Si è decisa, pertanto, una restituzione parziale privilegiando i redditi medio bassi, riportando comunque nel sistema pensionistico circa 4 miliardi di euro in cinque anni, e cercando di distribuire queste risorse in modo equo e solidale, dando di più a chi ha di meno e riducendo il rimborso al crescere del valore delle pensioni, fino a sei volte il minimo Inps. Oltre questo tetto – circa 3.000 euro lordi al mese e che riguarda il 4,7% dei pensionati – non viene restituito nulla.
L’importo degli arretrati, che sarà erogato automaticamente il 1° agosto 2015, è riconosciuto con il seguente meccanismo:
– per le pensioni da tre a quattro volte il minimo Inps: il 40% del tasso di rivalutazione per gli anni 2012 e 2013; l’8% per gli anni 2014 e 2015; il 20% dall’anno 2016;
– per le pensioni da quattro a cinque volte il minimo Inps: il 20% del tasso di rivalutazione per gli anni 2012 e 2013; il 4% per gli anni 2014 e 2015; il 10% dall’anno 2016;
– per le pensioni da cinque a sei volte il minimo Inps: il 10% del tasso di rivalutazione per gli anni 2012 e 2013; il 2% per gli anni 2014 e 2015; il 5% dall’anno 2016;
È certamente positivo il fatto che gli aumenti delle pensioni che derivano dal nuovo meccanismo continueranno ad avere effetto anche per il futuro, poiché saranno inseriti nella base di calcolo delle successive rivalutazioni.
Voglio inoltre porre l’accento su altre questioni importanti, non di minore impatto sociale, che sono inserite nella legge, tra cui:
– l’incremento delle risorse per la Cassa integrazione in deroga, che passa dai 700 milioni previsti a 1,7 miliardi di euro, e l’aumento delle somme destinate ai Contratti di solidarietà, che passa da 70 milioni a 290 milioni. In totale, quindi, sugli ammortizzatori sociali sono state aggiunte risorse per 1,3 miliardi;
– la previsione che il coefficiente di rivalutazione del montante contributivo utilizzato per il calcolo del valore delle pensioni future non possa essere inferiore a “uno”. Ricordo che, per effetto della recessione e della bassa inflazione, il tasso di capitalizzazione nel 2014 avrebbe avuto per la prima volta un segno negativo, riducendo così le aspettative pensionistiche dei lavoratori attivi. Con la norma ora introdotta si stabilisce un principio rilevante con l’obiettivo di evitare un impatto recessivo sulle pensioni future;
– un termine temporale unico per tutti i trattamenti pensionistici, gli assegni, le pensioni e le indennità di accompagnamento erogate agli invalidi civili, nonché le rendite vitalizie Inail, che viene fissato al 1° giorno di ciascun mese.
Si tratta quindi di un provvedimento che destina in questo anno risorse comunque significative a persone con redditi medio-bassi e a lavoratrici e lavoratori in situazioni di crisi, cercando di restituire parte dei pesanti sacrifici cui sono stati sottoposti negli ultimi anni.
Rimane in ogni modo prioritario concentrare gli sforzi dei prossimi mesi, in occasione della discussione sulla legge di stabilità, sul tema della previdenza, per correggere le rigidità e le penalizzazioni presenti nel sistema e per costruire una certezza per i giovani lavoratori di oggi.